Dal 1994 al 2006 ha pagato il pizzo a Cosa nostra, che ha approfittato del suo ristorante per mangiare a sbafo durante ogni festività. Oggi la vittima del racket è emigrata in Germania e lavora come cameriere. La Dda nissena ha arrestato 32 mafiosi, la maggior parte già in carcere.
Per dodici anni, dal 1994 al 2006, avrebbero sottoposto a ogni tipo di vessazione il gestore di un ristorante, mangiando a sbafo in ogni occasione, con parenti e amici, e pretendendo tangenti mensili di 300 euro che diventavano 700 in occasione delle festività di Natale, Pasqua e Ferragosto, perchè dovevano “aiutare” le famiglie dei detenuti.
A lungo andare, il ristoratore ha dovuto chiudere la sua attività per fallimento, malgrado l’esercizio fosse apprezzato e frequentato da tanti clienti. “Troppe le bocche di mafiosi da sfamare gratis”, ha spiegato la vittima agli inquirenti. L’esercente ha ceduto tutto e, per vivere, è andato a lavorare come cameriere in Germania.
È questo lo scenario che emerge dall’inchiesta della Dda di Caltanissetta che ha portato all’emissione di 32 ordinanze di custodia cautelare. Un’operazione “bipartisan”. I 32 provvedimenti riguardano infatti esponenti delle due cosche che si fronteggiano a Gela: 23 sarebbero affiliati a Cosa Nostra, altri nove alla Stidda. La maggior parte di loro erano già detenuti: a 28 indagati le ordinanze sono state notificate in carcere; quattro, invece, sono stati arrestati oggi.
Sono Angelo Massimiliano Bassora, di 35 anni, Emanuele Cassarà, di 31, e Giacomo Di Noto, di 27 anni, tutti bloccati dalla polizia a Gela. Il quarto, Emanuele Greco, di 35 anni, detto “Ù Bistiuni”, è stato arrestato in Lombardia, nel suo domicilio di San Giuliano Milanese, in provincia di Milano.
A convincere il ristoratore a denunciare i suoi taglieggiatori, dopo essere fuggito da Gela, sono state le sollecitazioni della associazione antiracket locale e le garanzie offerte dalla direzione investigativa antimafia. La vittima delle continue estorsioni ha raccontato il suo calvario e rivelato l’identità di chi imponeva il “pizzo” e di chi lo andava a riscuotere.
Il ristoratore ha fatto anche i nomi di chi andava a pranzare e a cenare nel suo locale senza poi pagare il conto. Uno degli indagati, Massimo Carmelo Billizzi, avrebbe preteso ed ottenuto gratuitamente la cena di “addio al celibato” per sè e per i suoi amici. L’inchiesta si è avvalsa anche del contributo di alcuni pentiti.
L’operazione della notte scorsa, denominata “Redibis”, costituisce il prosieguo dell’operazione “Ibis” che nel giugno del 2007 portò all’arresto di dieci persone, ritenute responsabili di avere taglieggiato il ristoratore tra il 2002 e il 2006. Gli altri 32 provvedimenti eseguiti oggi si riferiscono invece agli otto anni precedenti. Una vicenda di soprusi e vessazioni durata appunto 12 anni che si è conclusa solo ora.
“È l’ennesima dimostrazione che solo lo Stato può dare risposte certe contro il racket, ma ciò può avvenire solo attraverso la collaborazione delle vittime del pizzo”, ha detto il questore di Caltanissetta Guido Marino nel corso di una conferenza stampa. “Stiamo via via allentando la morsa che per anni ha afflitto e soffocato tanti commercianti gelesi”, ha aggiunto il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari.
E Tano Grasso, presidente onorario della Federazione antiracket e anti usura, ha osservato: “Gela è cambiata. In questi anni sono quasi cento gli imprenditori che hanno trovato la forza, attraverso l’associazione antiracket diretta da Renzo Caponetti, di denunciare i propri estorsori”.
Fonte: “lasiciliaweb