Per cinque mesi, dal settembre del 2005 fino al febbraio scorso, avrebbero insistentemente chiesto il pizzo ad un commerciante del luogo, titolare di un rinomato pub al lungomare Federico II di Svevia. Gli avrebbero chiesto continuamente la somma di 1500 euro, in contanti, come quota fissa mensile, minacciando in caso contrario di incendiargli il locale e riservandosi di ripassare per riscuotere la tangente.
Nell’attesa che il titolare pagasse, si recavano quotidianamente a consumare presso lo stesso esercizio commerciale, senza mai pagare, avanzando in questo modo le loro pretese mafiose. Con l’accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso, tentata estorsione, continuata ed aggravata in concorso, gli agenti di Polizia del locale Commissariato e uomini della Squadra Mobile di Caltanissetta, hanno arrestato cinque persone, tutte legate, secondo gli investigatori, al clan di Cosa Nostra.
Le manette, la scorsa notte sono scattate ai polsi di Marco Ferrigno, 34 anni, disoccupato con numerosi precedenti penali alle spalle; Salvatore Gravagna, 23 anni, operaio specializzato, Salvatore Romano, 29 anni, disoccupato, Francesco Greco, 26 anni, operaio e Salvatore Tremi di 33 anni, anche lui operaio. Secondo la ricostruzione investigativa che si è avvalsa di intercettazioni telefoniche ed ambientali, Marco Ferrigno e Salvatore Gravagna, si sarebbero presentati al pub, consigliando al titolare di “mettersi in regola” e replicando alle sue giustificazioni circa il periodo di crisi economica dell’attività commerciale, avrebbero detto che “i carcerati non sono morti“, facendo riferimento alla necessità della cosca mafiosa di assicurare lo “stipendio” ai detenuti. Ferrigno avrebbe concluso la discussione con il commerciante, ricordandogli “che quello del fuoco sono io“. Marco Ferrigno, arrestato lo scorso 2 novembre, per violazione delle misure di prevenzione, avrebbe lasciato a Salvatore Romano, il compito di riscuotere il pizzo. Assieme a Salvatore Gravagna, secondo quanto raccontato quest’oggi dagli inquirenti, Salvatore Romano avrebbe consumato bevande, pizze ed altri alimenti senza mai pagare. Non appena tornato libero, Ferrigno avrebbe ripreso la propria azione vessatoria nei confronti del titolare dell’esercizio commerciale.
Elemento che non è passato inosservato alla Polizia è che lo stesso Ferrigno, subito dopo la sua scarcerazione, avrebbe brindato assieme agli altri componenti il clan, sempre all’interno dello stesso pub, non pagando anche in quell’occasione. Francesco Greco e Salvatore Tremi, invece, è stato accertato dagli investigatori, avrebbero intimato al negoziante l’immediato pagamento del pizzo, ribadendogli che al lungomare di Gela, gli esattori erano loro e che dunque anche lui avrebbe dovuto mettersi in regola. La Polizia è giunta all’identificazione dei cinque indagati, grazie ad una fonde confidenziale. La vittima del racket, infatti, messo alle corde dagli inquirenti, avrebbe ammesso solo in parte quanto gli era accaduto. Al fine di evitare che il gruppo mafioso portasse a compimento la propria azione e dunque incassasse i soldi, si è resa necessaria la presenza, costante davanti al locale, di una volante della Polizia, così da scoraggiare, come poi avvenuto, gli estorsori.
L’operazione della scorsa notte, denominata Nibbio, è stata coordinata dalla DDA di Caltanissetta. Altro dato rilevante che è emerso nell’attività di indagine è che Salvatore Gravagna, legato alla cosca degli Emmanuello e Marco Ferrigno, indicato come vicino ai Rinzivillo, avessero stretto un patto di ferro, dopo la guerra tra “famiglie” che interessò gli schieramenti delle due consorterie mafiose.
Fonte: tg10.it