Operazione Munda mundis: 13 arresti per il “pizzo” sulla gestione del ciclo dei rifiuti, condotta dalla polizia di Stato di Gela su una presunta infiltrazione mafiosa nella gestione dei rifiuti solidi urbani. Gli arrestati sono ritenuti responsabili di estorsione consumata, continuata, in concorso, aggravata dal metodo mafioso, e dal danneggiamento seguito da incendio.
L’operazione, della squadra mobile in collaborazione con il personale del commissariato di Gela, prende le mosse dalle indagini sull’infiltrazione mafiosa nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani del comune di Gela. Le imprese del settore – si legge in una nota – erano da anni sottoposte a un pesante pizzo ad opera della ‘stidda’ e di Cosa nostra.
La “tariffa” imposta alle società per la raccolta dei rifiuti sul pagamento del pizzo sarebbe stata decisa durante alcuni incontri fra imprenditori ed esponenti delle cosche mafiose. Secondo la squadra mobile nissena “nessuna delle vittime ha collaborato con gli investigatori per paura di ritorsioni, tutte hanno negato di aver ricevuto pressioni per versare il “pizzo”. Dalle intercettazioni è però emerso che gli imprenditori, da un pizzo iniziale (anno 1996), corrisposto mensilmente, pari a 60 milioni l’anno di vecchie lire (circa il 2% dell’importo di aggiudicazione dell’appalto ), in favore della “stidda” di Gela, a partire dal 1998 sarebbero stati costretti a passare ad un pizzo, corrisposto mensilmente ad entrambe le organizzazioni criminali, per cui oltre alla “stidda” anche a Cosa nostra. La somma era stata decisa in 10 milioni di vecchie lire al mese; dal 2001 il pizzo sarebbe passato a 35 milioni al mese, e poi a 18 mila euro al mese, suddiviso in due rate da novemila euro cadauna. Le somme di denaro venivano ripartite in quote differenti per ogni imprenditore aderente all’associazione temporanea di imprese che si occupa della raccolta dei rifiuti. Il pizzo imposto sullo smaltimento dei rifiuti a Gela avrebbe portato in dieci anni nelle casse delle cosche mafiose circa due milioni di euro. Il particolare emerge dall’inchiesta che stamani ha portato all’esecuzione di 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere richieste dal procuratore aggiunto Renato Di Natale e dai pm della Dda, Nicolò Marino, Rocco Liguori e Antonino Patti. L’indagine è stata denominata “Munda mundis”. Attualmente il servizio di smaltimento dei rifiuti a Gela è affidato a sette imprese riunite in una associazione temporanea che si è aggiudicata l’appalto per 13 milioni di euro. Nei mesi scorsi il sindaco di Gela, Rosario Crocetta, aveva denunciato la mano del racket nella raccolta dei rifiuti.
Gli arrestati nell’operazione Munda mundis sono: Carmelo Fiorisi, 47 anni, mafioso, sorvegliato speciale della PS con obbligo di soggiorno, Gaetano Azzolina, 38 anni, mafioso, sorvegliato speciale della PS con obbligo di soggiorno, Domenico Vullo, 37 anni, Marcello Orazio Sultano, 38 anni, mafioso, sorvegliato speciale della PS con obbligo di soggiorno. Lo stesso provvedimento è stato notificato in carcere, a Francesco Morteo 42 anni, mafioso, Francesco Vella, inteso “cicciu u pazzu”, 32 anni, mafioso, Fortunato Ferracane, 35 anni, mafioso, Paolo Portelli, 39 anni, mafioso, Gianluca Gammino, 33 anni, mafioso, Massimo Carmelo Billizzi, 32 anni, mafioso, Enrico Maganuco, 44 anni mafioso, Vincenzo Gueli, inteso “patatina”, 42 anni, Crocifisso Smorta, 48 anni, mafioso. Sono accusati di concorso in estorsione continuata ed aggravata ai sensi dell’art. 7 della legge 203/91 (posta in essere nella qualità di affiliati ad entrambe le consorterie mafiose di Gela, di cosa nostra e stidda), ai danni delle imprese impegnate nei servizi di raccolta degli R.S.U. nel comune di Gela.
Fonte: siciliamillennium.it
Promette interessanti e clamorosi sviluppi l’inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Caltanissetta, denominata “Munda Mundis” che ieri ha portato all’emissione di 13 ordinanze di custodia cautelare in carcere, tutte eseguite, nell’ambito del blitz antiracket che ha individuato ed assicurato alla giustizia i responsabili dell’estorsione ai danni delle ditte che gestiscono, a Gela, il servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani. L’indagine, infatti, non si è ancora conclusa e non si ferma soltanto al territorio gelese. Sarebbero coinvolti, infatti, anche i comuni di Niscemi e di Mazzarino, dove entrambi i clan mafiosi, Cosa Nostra e Stidda, sono presenti ed hanno mirato la loro attenzione, infiltrandosi nel ricco settore della raccolta e dello smaltimento dell’immondizia. Dunque, nel breve volgere di poco tempo, l’azione incessante della magistratura e delle forze dell’ordine, potrebbe portare a nuovi arresti. La Polizia di Gela di concerto con la Squadra Mobile di Caltanissetta, sta esaminando dettagliatamente quanto accaduto nell’ultimo decennio, dal 1996 al 2007, proprio in questo settore prendendo spunto dal fatto che la Regione Sicilia, anni addietro, ha istituito gli Ato, gli Ambiti Territoriali Omogeni, mirati a razionalizzare il sistema di gestione e smaltimento dei rifiuti solidi urbani e gestire in maniera “integrata” le discariche comprensoriali. L’Ato Cl 2 di Gela, lo ricordiamo, comprende, infatti, oltre al comune gelese, anche quelli di Delia, Niscemi, Mazzarino e Riesi. Non è escluso, come sostengono gli inquirenti, che la mafia gelese abbia chiesto anche alle imprese, cosiddette esterne, il pizzo mensile. Intanto, dalle indagini condotte anche grazie alla collaborazione di quattro pentiti, emerge il clima di intimidazione in danno degli imprenditori che ha caratterizzato gli ultimi anni. Il 9 aprile del 2005, ignoti incendiarono un escavatore appartenente alla ditta Cosiam e nel dicembre del 2006 spararono due colpi di arma da fuoco contro il portone dell’impresa Roma Costruzioni. Entrambe le ditte fanno parte, assieme ad altre 6, dell’Ati. Ma non solo attentati incendiari e pistolettate ma anche furti e danneggiamenti subiti dagli imprenditori vittime. Quest’ultimi, è emerso dall’inchiesta, non avrebbero denunciato i fatti alle forze di Polizia, per la paura di eventuali ritorsioni da parte delle organizzazioni mafiose. Messi davanti al fatto compiuto, però, hanno ammesso di avere pagato e per 10 anni di seguito. Da un importo di 60 milioni di vecchie lire l’anno, in favore solo della Stidda, a 18 mila euro al mese, metà dei quali da destinare a Cosa Nostra. L’aumento della tangente fu imposto di comune accordo tra le due consorterie mafiose, ai quali l’importo iniziale appariva non più proporzionato all’entità dell’appalto.
Fonte: tg10.it