Durante la notte in Sicilia, Lazio, Lombardia, Umbria e Marche, i Carabinieri del Reparto operativo del Comando provinciale di Caltanissetta, in collaborazione con i Comandi Arma territorialmente competenti, il Nucleo elicotteri e cinofili di Palermo (in esecuzione dell’ordinanza di custodia cautelare emessa dall’Ufficio G.I.P. del Tribunale di Caltanissetta, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia nissena), hanno tratto in arresto ventisette persone, vicine e affiliate alle associazioni di tipo mafioso “Cosa nostra”, famiglia Siciliano e “Stidda”, famiglia Sanfilippo, attive nel territorio di Mazzarino (CL) ed in Lombardia, nell’area monzese.
Gli arrestati sono: Calogero Sanfilippo, 27 anni; Giuseppe Sanfilippo, di 34; Andrea Sanfilippo, 41 anni; Calogero Sanfilippo, detto “Cicciobello”, 34 anni; Giuseppe Sanfilippo, 26 anni; Salvatore Sanfilippo, 48 anni; Giuseppe Specioso, detto “il barrafranchese”, 27 anni; Maurizio Siciliano, 31 anni; Giovanni Siciliano, 42 anni; Salvatore Bognanni, 25 anni; Luigi Cinardo, detto “Ciniddu”, 25 anni; Salvatore Maria Fanzone, 35 anni; Gianfilippo Fontana, 40 anni; Marcello Gesualdo, 35 anni; Antonino Iannì, 33 anni; Ivan Dario Iannì, 21 anni; Rosario Antonio Mannarà, 43 anni; Vincenzo Mannella, 58 anni; Gianpaolo Ragusa, 41 anni; Marcello Sanfilippo, 41 anni; Ignazio Zuccalà, 25 anni; Giuseppe Siracusa, 34 anni; Antonino Perno, 32 anni; Salvatore Pecorella, 45 anni; Roberto Lo Monaco, 43 anni.
Si tratta dell’epilogo di un’indagine di ampio respiro su entrambe le consorterie mafiose di Mazzarino, Cosa Nostra, famiglia Siciliano, e Stidda, famiglia Sanfilippo, operanti in Mazzarino. Gli arrestati rispondo a vario titolo di associazione mafiosa ed estorsione (per entrambe le famiglie anni 2006/07), traffico di stupefacenti (per la famiglia Sanfilippo anni 2006/07), detenzione e porto illecito d’arma. Lo spunto fu il duplice omicidio di Salvatore La Leggia e Giuseppe Giorlando (del 21 novembre 2005), per cui fu prima sospettato e poi indagato Francesco Ghianda (fratello di Liborio Ghianda ucciso il precedente ottobre 2005). Dapprima le investigazioni si indirizzarono verso i sodali della famiglia mafiosa Siciliano di Cosa Nostra, in quanto immediatamente tendenti a chiarire i motivi del duplice omicidio; quindi le attività tecniche venivano ad interessare anche gli appartenenti alla consorteria opposta, quella degli stiddari della famiglia Sanfilippo. E lo spostamento di attenzione è risultato proficuo, laddove i soggetti monitorati, non essendo sino ad allora sotto la luce dei riflettori delle indagini inerenti il duplice omicidio, adottavano accortezze e contromisure di minore efficacia.
Con l’inchiesta, pertanto, si è così ridefinito l’assetto delle due consorterie mafiose operanti sul territorio mazzarinese, se ne sono chiariti i legami, gli accordi reciproci, i settori di interesse, la spartizione dei profitti della attività illecite, nonché gli organigrammi degli appartenenti, i ruoli ed i compiti rivestiti all’interno delle rispettive associazioni mafiose. Con riferimento ai rapporti tra la famiglia Siciliano e la famiglia Sanfilippo, si evidenzia che, grazie alla pax mafiosa seguita alla guerra che aveva insanguinato Gela ed i Comuni limitrofi, anche a Mazzarino, come nel resto della Provincia nissena, i rapporti tra la Cosa Nostra e la Stidda sono da tempo improntati ad una pacifica convivenza, con la premessa di un’equa ripartizione dei proventi della principale delle attività illecite del territorio, ossia delle estorsioni. Seguendo l’esempio gelese, anche a Mazzarino Cosa Nostra e Stidda, ossia i Siciliano ed i Sanfilippo, hanno trovato un punto d’accordo: indipendentemente da quale delle due consorterie mafiose si occuperà della messa in regola dei commercianti e degli imprenditori, comunque sia i proventi delle estorsioni si divideranno, con reciproca soddisfazione. Se le indagini dimostrano l’accordo, tuttavia testimoniano le perduranti diffidenze che una parte nutre verso l’altra, i malumori, le reciproche accuse di slealtà ed i risentimenti che conseguentemente si covano. Oltre ai proventi derivanti dalle estorsioni, le indagini hanno fatto luce sul traffico di sostanze stupefacenti organizzato dalla famiglia Sanfilippo e sui rapporti che il gruppo mafioso manteneva con altre consorterie. In particolare, Gianpaolo Ragusa, reggente della “Stidda” di Mazzarino su investitura di Sanfilippo Salvatore, manteneva i contatti con soggetti, all’epoca vicina a “Cosa Nostra di Riesi” e con Alessandro Alleruzzo, esponente di “Cosa Nostra” catanese” Si trattava, soprattutto, di rapporti inerenti il commercio di sostanze stupefacenti. L’indagine ha fatto pure emergere propositi omicidi della famiglia Sanfilippo nei confronti di Calogero Sanfilippo, col quale erano insorti contrasti per motivi d’interesse economico e nei confronti di sodali di “Cosa Nostra” di Mazzarino, identificabile in esponenti della famiglia Siciliano.
Fonte: grandangoloagrigento.it
Li avevano ribattezzati «schegge impazzite», per quell’abitudine (invisa anche ai vertici delle famiglie) di muoversi senza autorizzazione in un territorio da sempre conteso tra Cosa nostra e Stidda. Il 10 luglio scorso per Gianpaolo Ragusa e Giuseppe Sanfilippo — arrestati tre anni fa nell’operazione Cerbero, la maxiretata che decimò i clan del Nisseno — sono arrivate le prime condanne, pesantissime, per estorsione. Nel processo, celebrato con rito abbreviato, il gup di Caltanissetta Mariella Giannazzo ha inflitto 8 anni a Ragusa e otto anni e mezzo a Sanfilippo, accogliendo in pieno le richieste avanzate dal pm Onelio Dodero. I due sono stati tirati in ballo — ma nella stessa inchiesta vi sono altri sette imputati che hanno scelto il rito ordinario — per quattro episodi estorsivi. Uno risale addirittura a vent’anni fa, altri tre sono compresi nell’arco temporale che va dal 2006 al 2007, ma tutti hanno avuto come vittime imprenditori del comparto edile. Al centro di questo procedimento sono finiti, in particolare, una serie di episodi che hanno visto come vittima il socio di maggioranza di una società di costruzione, Antonio Enzo Ferrigno, legale rappresentante della «Fae Costruzioni srl». Non è la prima volta che l’imprenditore denuncia: in passato aveva già subito richieste estorsive per altri cantieri e anche in quei casi si era rivolto alle forze dell’ordine. Nel suo percorso di legalità Ferrigno è stato assistito da Renzo Caponetti, attivissimo presidente dell’associazione antiracket «Gaetano Giordano» di Gela. Il gruppo stiddaro legato al clan Sanfilippo — è stata la tesi della Dda nissena, condivisa dal giudice — non solo avrebbe costretto l’imprenditore a versare soldi (per l’accusa qualcosa come cinquemila euro ogni sei mesi), ma lo avrebbe anche obbligato ad assumere un componente della stessa famiglia Sanfilippo. Sotto i riflettori anche l’appalto, sempre a Mazzarino, per la realizzazione della pista di atletica leggera. Lavori per cui sarebbero stati versati tremila euro allo stesso gruppo che fa capo ai Sanfilippo.
Fonte: antiracket.info