Non hanno più il tempo di chiedere il “pizzo” che già sono in manette. A Gela le vittime collaborano e si è aperta una nuova stagione nella lotta ai racket. Così la polizia ha fatto luce su sette estorsioni consumate ed un’altra tentata organizzate da Stidda e Cosa Nostra nell’arco del 2006 e fino allo scorso luglio. Sono 14 gli esattori del “pizzo” raggiunti ieri dall’ordine d’arresto spiccato dal GIP di Caltanissetta Paolo Fiore su ordine dei magistrati della Dda Renato Di Natale, Nicolò Marino, Antonio Patti e Rocco Liguori gli stessi che hanno coordinato le indagini condotte dagli uomini della squadra mobile e dello Sco di Caltanissetta e del commissariato di polizia di Gela.
In manette sono finiti 13 stiddari e un esponente di Cosa Nostra, segno questo che a Gela le cosche nell’affare del racket – così come in altri – sono in società. I provvedimenti restrittivi hanno riguardato Angelo Fiorisi, 40 anni; salvatore Murata, 52 anni; Riccardo Romano, 31 anni; Orazio Giuseppe Tallarita, 50 anni; Enrico Maganuco, 44 anni; Giovanni Di Giacomo, 35 anni; Francesco Moteo, 43 anni; Daniele Migliorisi, 29 anni; Gaetano Giuseppe Azzolina, 38 anni; Paolo Di Maggio, 47 anni ed il figlio di questi Salvatore, di 23 anni; Filippo Salvatore Faraci, di 30 anni; Domenico Vullo, 31 anni (unico affiliato a Cosa Nostra del gruppo) e Giuseppe Di Giacomo, 24 anni. Quest’ultimo è stato catturato ieri mattina in provincia di Treviso. Il gruppo sgominato col blitz di ieri aveva anche disponibilità di armi. Lo dimostra il sequestro di una pistola Tokarev calibro 7.62 di fabbricazione slava. La deteneva Salvatore Murana che al sopraggiungere dei poliziotti nella sua lussuosa villa alle porte di Gela ha cercato di sbarazzarsene, gettandola dalla finestra. L’arma, finita nel terreno di sua proprietà è stata sequestrata. L’operazione denominata “Mizar” è scaturita dalla denuncia di cinque vittime (altre tre, però, sono state denunciate per favoreggiamento per avere negato di avere ricevuto richieste estorsive) e dalle rivelazioni di due ex stiddari.
Sono i collaboratori di giustizia Benedetto Zuppardo e Marcello Orazio Sultano. Il gruppo taglieggiava imprenditori, operatori commerciali, titolari di autoscuole e di sale gioco. Alcune delle vittime sono state “avvertite” con la minaccia del fuoco.
Gli esattori del racket per evitare la capillare rete di controllo che c’è a Gela da quando sono cresciute le denunce, andavano a chiedere il “pizzo” o senza parlare, limitandosi solo a presentarsi o durante incontri casuali con le vittime che magari erano in giro a fare la spesa.
A richiedere la tangente erano i personaggi più rappresentativi dei due clan che, dalle vittime pretendevano somme di denaro a titolo di “contributo” o di “regalo” per le famiglie dei detenuti. Alla riscossione provvedevano poi i “soldati” che si alternavano in quell’attività anche in relazione ai periodi di detenzione.
Dalle indagini è emerso che le vittime avrebbero dovuto sborsare una somma iniziale una tantum di mille euro e, successivamente, con cadenza mensile, una cifra tra i 260 euro ed i 700-750 euro per quelle ritenute di maggiore capacità economica. In un solo caso è stato accertato il pagamento di 1.500 euro al mese. Un imprenditore che la scorsa estate si era aggiudicato i lavori di pulizia della spiaggia si vide chiedere ben 3.500 euro da Cosa Nostra. Ma dalle indagini è emerso che anche la Stidda si era fatta avanti con una pretesa più soft. Il titolare di un negozio di abbigliamento fu così vessato dalla Stidda che, per non allarmare la moglie che gestiva con lui il negozio, per sette anni pagò il racket con i soldi del suo stipendio.
I particolari dell’operazione “Mizar”, (ultima in ordine di tempo condotta a Gela sul fronte della lotta al racket) sono stati resi ieri mattina nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno preso parte il questore Guido Marino, i capi della Mobile dello Sco. Marco Staffa e Giovanni Giudice, il vice questore, Ardo Bellomo ed il commissario Rosario Amarù, oltre ai magistrati della Procura distrettuale. Gli inquirenti, nel sottolineare come a Gela sul fronte della collaborazione l clima sia cambiato; hanno rivolto un ulteriore appello a quanti ancora sono succubi del racket, invitandoli ad alzare la testa e ribellarsi.
Fonte: La Sicilia